Acque è il titolo della decima traccia del secondo capitolo di Note di viaggio, album di Francesco Guccini e Mauro Pagani in uscita il 9 ottobre. Acque, come tutte le altre tracce del disco, è un famoso successo del maestro modenese. È una canzone di Francesco Guccini estratta dall’album intitolato Parnassius Guccinii del 1993 che, in Note di viaggio – Capitolo 2: Non vi succederà niente, è stata riproposta da Ermal Meta.
Ecco l’audio del brano, mentre a fine articolo è possibile visionare il testo completo.
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TESTO
Acque
L’acqua che passa fra il fango di certi canali
Tra ratti sapienti e pneumatici e ruggine e vetri
Chissà se è la stessa lucente di sole o fanali
Che guarda oleosa passare rinchiusa in tre metri
Si può stare ore a cercare se c’è in qualche fosso
Quell’acqua bevuta di sete o che lava te stesso
O se c’è nel suo correre un segno d’un suo filo rosso
Che leghi un qualcosa a qualcosa, un pensiero a un riflesso
Ma l’acqua gira e passa e non sa dirmi niente
Di gente e me o di quest’aria bassa
Ottusa e indifferente cammina e corre via
Lascia una scia e non gliene frega niente
E cade su me che la prendo e la sento filtrare
Leggera, infeltrisce i vestiti, intristisce i giardini
Portandomi odore d’ozono, giocando a danzare
Proietta ricordi sfiniti di vecchi bambini
Colpendo implacabile il tetto di lunghi vagoni
Creando annoiato interesse negli occhi di un gatto
Coprendo col proprio scrosciare lo spacco dei tuoni
Che restano appesi un momento nel cielo distratto
E l’acqua passa e gira e colora e poi stinge
Cos’è che mi respinge e che mi attira?
Acqua come sudore, acqua fetida e chiara
Amara, senza gusto né colore
Ma l’acqua gira e passa e non sa dirmi niente
Di gente e me o di quest’aria bassa
Ottusa e indifferente cammina e corre via
Lascia una scia e non gliene frega niente
E mormora e urla, sussurra, ti parla e ti schianta
Evapora in nuvole cupe rigonfie di nero
E cade, rimbalza e si muta in persona od in pianta
Diventa di terra, di vento, di sangue e pensiero
Ma a volte vorresti mangiarla, sentirtici dentro
Un sasso che l’apre, che affonda, sparisce e non sente
Vorresti scavarla, afferrarla, lo senti che è il centro
Di questo ingranaggio continuo, confuso e vivente
Acque del mondo intorno, di pozzanghere e pianto
Di me che canto al limite del giorno
Fra il buio e la paura del tempo e del destino
Freddo assassino della notte scura
Ma l’acqua gira e passa e non sa dirmi niente
Di gente e me o di quest’aria bassa
Ottusa e indifferente cammina e corre via
Lascia una scia e non gliene frega niente